Chi decide di fare affidamento sulla videosorveglianza, che sia per un utilizzo pubblico o per un impiego privato, non può fare a meno di procedere a una valutazione preventiva accurata a proposito delle eventuali conseguenze dal punto di vista del rispetto della privacy. Non solo: l’uso delle telecamere può avere un impatto anche sulla riservatezza personale, sulla dignità e sulle libertà fondamentali dei soggetti che vengono immortalati. Si impone, pertanto, la necessità di integrare le esigenze di sicurezza con quelle di riservatezza e di libertà, diritti fondamentali per tutti gli individui. La sostenibilità sociale degli impianti TVCC ha a che fare direttamente con il modo in cui essi vengono percepiti a livello social, ma anche con una forte sensibilizzazione pubblica in relazione alla loro effettiva utilità. Non possono essere sottovalutati, in sintesi, i rischi correlati all’adozione di questi impianti, che devono essere gestiti in maniera oculata.

La situazione italiana

Nel nostro Paese la situazione risulta ancora più intricata, nel senso che per il momento non esiste una legislazione specifica vera e propria in proposito. Per quel che riguarda il quadro normativo relativo alla videosorveglianza, infatti, è necessario fare riferimento alledisposizioni sulla privacy, inclusi i pareri forniti in proposito dal Garante. Devono essere considerate come dati personali le immagini attraverso le quali una persona fisica può essere riconosciuta o identificata, anche in modo diretto. Proprio per questo motivo, tali immagini rientrano nella disciplina prevista dal cosiddetto Codice Privacy, vale a dire il decreto legislativo numero 196 del 30 giugno del 2003.

Il GDPR

Un altro punto di riferimento in tal senso è il GDPR, entrato in vigore nel mese di maggio dello scorso anno. Con questa sigla ci si riferisce alla General Data Protection Regulation, vale a dire il Regolamento Generale Europeo per la Protezione dei Dati Personali, il cui articolo 1 tutela il trattamento di dati che possono essere ottenuti con i sistemi di videosorveglianza. Ecco perché è bene valutare con cura ogni attività che abbia a che fare con la raccolta delle immagini, con la loro conservazione, con la loro consultazione, con la loro registrazione, con la loro cancellazione e con la loro diffusione.

I riferimenti normativi

Il Garante per la Privacy, attraverso la pubblicazione del decreto legislativo numero 196, aveva emanato un provvedimento integrativo risalente al 29 aprile del 2004, che in seguito era stato rimpiazzato dal provvedimento integrativo dell’8 aprile del 2010: è questo ancora oggi a sostenere tutta l’architettura dei sistemi di videosorveglianza per la protezione della riservatezza personale, in considerazione del suo carattere prescrittivo. In questo provvedimento si specifica, appunto, che l’uso, la raccolta e la conservazione di immagini rappresentano un trattamento di dati personali.

Che cosa prevede il Regolamento Generale Europeo per la Protezione dei Dati Personali

Secondo quanto stabilito dal GDPR, il soggetto che ha l’incarico di data controller è tenuto a operare in maniera trasparente, corretta e lecita per specifiche, legittime ed esplicite finalità nei confronti degli individui interessati. In altri termini, la conservazione delle informazioni che vengono raccolte non può essere prolungata oltre il periodo necessario per il conseguimento degli obiettivi del trattamento. L’articolo 24 del regolamento, in particolare, sancisce il principio di trasparenza e di accountability, cioè di rendicontazione, che va rispettato per il trattamento delle immagini in questione.