L’indice glicemico (IG o GI Glycemic Index) di un alimento rappresenta la velocità con cui il valore del glucosio nel sangue (la glicemia) si innalza nelle due ore seguenti all’ingerimento di un cibo contenente 50 grammi di carboidrati ed viene indicato con una percentuale.
Il valore di tale indice viene poi messo in comparazione con i valori del modello di riferimento che di solito sono il glucosio o il pane bianco (che ha un indice glicemico pari a 100). Ad esempio, se il cibo ingerito ha un indice glicemico uguale a 60, vuol dire che assumendo 50 grammi di questo alimento la glicemia cresce del 60% a fronte di quanto succede con 50 grammi di glucosio.
Come calcolare l’indice glicemico
Non è facile stabilire esattamente l’indice glicemico perché sono molteplici i fattori che influiscono. Questi possono essere: la cottura (più aumenta il tempo e la temperatura di cottura e più l’indice glicemico cresce), la modificazione tecnologica dell’alimento (l’indice glicemico è maggiore se un prodotto industriale è più lavorato), il luogo e il grado di maturazione (la frutta e la verdura più mature hanno un indice glicemico più alto, anche l’area geografica di produzione e il relativo clima e terreno di coltivazione influenzano tale indice), la conservazione, l’essiccazione, e infine il quantitativo di grassi, proteine e fibre nell’alimento (maggiore è la quantità e maggiori saranno i tempi digestivi e quindi influiscono negativamente sulla risposta insulinica).
Per questi motivi, oltre all’indice glicemico, è importante considerare anche un altro parametro, cioè il carico glicemico, che tiene anche conto della quantità di carboidrati contenuti nel cibo ingerito.
Il carico glicemico si calcola rapportando l’IG dell’alimento considerato alla sua porzione media; quindi si moltiplica l’indice glicemico di un carboidrato (ad esempio del fruttosio IG=20) per la quantità ingerita (ad esempio 30 grammi). Perciò il carico glicemico è uguale a 20 x 30 = 600.
Perché preoccuparsi dell’indice glicemico?
Prendere in considerazione l’indice e il carico glicemico degli alimenti assunti può avere dei vantaggi in alcuni casi.
Innanzitutto per i diabetici, perché hanno bisogni di assumere cibi a basso indice glicemico per limitare smisurati aumenti della concentrazione ematica di glucosio. Inoltre per loro è fondamentale delimitare il carico glicemico dell’intero pasto.
Mangiare alimenti a basso indice e carico glicemico è significativo anche per regolamentare la fame e il peso corporeo. Quando si ingeriscono troppi cibi con alto indice glicemico si rischia che la risposta insulinica causi un veloce trasferimento di glucosio dal sangue ai tessuti del corpo. Si viene così a creare un’ipoglicemia transitoria che viene captata dal centro ipotalamico della fame e incita la persona a ricercare altro cibo; questo bisogno ha il fine di rendere di nuovo i valori glicemici normali. Di conseguenza si innesca un circolo vizioso che porta ad un inevitabile aumento del peso corporeo.
Non per questo bisogna escludere dal proprio piano alimentare i cibi con un indice glicemico troppo alto; anzi, è la quantità di ciò che si ingerisce più importante dell’IG di ogni singolo elemento.
Invece, dopo lo sport e l’attività fisica è consigliabile consumare alimenti ad alto e medio indice glicemico perché promuovono la secrezione di insulina. Questo ormone, infatti, ha funzioni fondamentali in quanto facilita il recupero reintegrando le riserve di glicogeno e agevolando l’ingresso di glucosio, amminoacidi e acidi grassi nelle cellule. Al contrario, prima di una performance sportiva è consigliabile l’assunzione di cibi a basso indice glicemico perché hanno un effetto positivo sulla prestazione.
Meglio alimenti con indice glicemico alto o basso?
Gli alimenti ad alto indice glicemico possono diventare dei nemici della salute per diversi motivi: in primo luogo, portano all’aumento della glicemia più in fretta; questo accade perché la risposta dell’insulina è più marcata.
A conseguenza di ciò, il corpo prende l’abitudine ad utilizzare gli zuccheri invece dei grassi e ne segue il rischio di sovrappeso, perché la fame torna con la diminuzione della glicemia dopo le 2 e 4 ore e anche perché c’è un incremento del processo di trasformazione dello zucchero in lipidi.
Questo surplus di stress ossidativo è fonte di rischio oncologico; inoltre, a lungo andare il pancreas viene sovraccaricato di lavoro fino alla manifestazione del diabete.
Per non parlare dell’aumento di possibilità di carie dentale, con conseguente necessità di intervento dentistico.
Contrariamente, gli alimenti a basso indice glicemico causano un aumento moderato della glicemia. Un’ottima notizia per chi vuole tenere il peso sotto controllo: la glicemia, infatti, è responsabile della stimolazione di secrezione di insulina da parte del pancreas. L’insulina è l’ormone anabolico che più è coinvolto nell’accumulo di adipe.
In linea di massima, i cibi a basso indice glicemico sono contraddistinti dalla presenza di fibre viscose in ingenti dosi, elevati quantitativi d’acqua, carboidrati di tipo complesso che richiedono la trasformazione in glucosio all’interno del fegato, presenza di lipidi e proteine poco denaturate. I fattori qui elencati aiutano a diminuire l’IG di alimenti e pasti completi.
C’è da dire anche che gli alimenti a basso indice glicemico hanno un rilevante effetto sul rischio cardiovascolare perché attenuano l’iperinsulinemia postprandiale e facilitano un innalzamento del colesterolo buono (HDL).
Indubbiamente, però, per una dieta sana ed equilibrata sono necessari pasti composti da alimenti con indici glicemici vari e differenti.