Stefano Pigolotti Iot

In Italia i progetti sviluppati con l’industria 4.0 hanno permesso di raggiungere un fatturato compreso fra 2,3 e 2,4 miliardi di euro. L’84% è stato realizzato verso imprese italiane e il resto come export. Il settore è in netta crescita e coinvolgerà le aziende più innovative, spiega Stefano Pigolotti,  imprenditore e formatore di oltre 30.000 persone coinvolte, direttamente o indirettamente, in questo processo di trasformazione.

“Sono risultati – dichiara Pigolotti – che  si riferiscono alle soluzioni IT che comprendono tutti i servizi tecnologici promossi sulle produttività tradizionali e servizi collegati. La crescita del 30% sul mercato dei servizi tecnologici ha dato uno slancio alle imprese italiane che con un indotto di 400 milioni di euro hanno favorito l’innovazione digitale”.

“Il tema allora parzialmente sconosciuto – continua l’esperto – dell’industria 4.0 oggi coinvolge molte aziende dove solo il 2,5% di esse dichiarano di non essere a conoscenza dell’argomento. Il 15% si occupa di studiare questa nuova forma di industria e il 55% dichiara di avere già utilizzato questa nuova forma di sviluppo tecnologico. Lo scenario dimostra l’inclinazione tecnologica delle imprese italiane in aumento (in media il 90% delle imprese conosce le singole Smart Technologies)”.

Un campione di 236 aziende ha dimostrato che sul piano nazionale l’industria 4.0 è conosciuta dal 92% dell’intero settore

“Molte di queste aziende – tende a precisare Stefano Pigolotti – ha già ricevuto agevolazioni finanziarie che continuano a stabilizzare il cambiamento tecnologico che dimostra un avanzamento progressivo. Gli investimenti che le imprese sfruttano come l’iper e il super ammortamento hanno diverse sfaccettature come incentivi, tra queste il 25% ha investito più di tre milioni di euro e il 20% ha destinato meno di 200mila euro. Con il credito d’imposta molte aziende usufruiranno di più tecnologie, infatti sei aziende su dieci stanno cercando un accordo con questa nuova risorsa che porterebbe alla diffusione del 4.0”.

Nei risultati ottenuti dall’Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) si è riscontrato che il mercato della digitalizzazione industriale e raddoppiato. La realtà aziendale che spinge alle nuove tecnologie ha permesso tramite incentivi di rafforzare e ammettere una nuova modalità di lavoro quello dell’industria 4.0, Alessandro Perego, Andrea Sianesi e Marco Taisch, responsabili Scientifici dell’Osservatorio Industria 4.0 hanno sottolineato come al giorno d’oggi serva una linea d’impresa digitale costante, la loro opinione riguarda il miglioramento continuo e l’innovazione radicale riguardante il mondo impresario-aziendale. Proseguendo nel discorso gli osservatori dell’industria 4.0 hanno continuato dicendo che il piano nazionale sta favorendo fiscalmente gli investimenti privati: il modo migliore per fare crescere il mondo digitale e le PMI.

“Come ho spiegato in un precedente articolo – conclude tuttavia Pigolotti – per inserirsi appieno nell’Industria 4.0 è necessario che l’industria (o chi la) sia in grado di rispondere alle richieste dell’elemento centrale più importante di tutto il processo: il cliente. Per fare ciò è necessario che tutti, lungo la linea produttiva, abbiano le informazioni giuste e la formazione necessaria per adattare al meglio il proprio compito nell’intero processo: un obiettivo che si raggiunge digitalizzando il flusso di informazioni in azienda. Il mondo dell’Industria 4.0 richiede un’evoluzione mentale e tecnologica che coinvolga tutti. Diventa necessaria un’organizzazione estremamente snella, per rispondere alle esigenze dei singoli clienti, producendo per ognuno di loro un prodotto personalizzato, ma con processi industriali”.

Le 236 imprese coinvolte nel momento della digitalizzazione industriale hanno analizzato 900 applicazioni e le hanno suddivise in 3 aree, Smart Lifecycle (sviluppo prodotto, gestione del ciclo di vita e gestione dei fornitori), Smart Supply Chain (pianificazione dei flussi fisici e finanziari) e Smart Factory (produzione, logistica, manutenzione, qualità, sicurezza e rispetto norme),con una media di utilizzo di 3,7 applicazioni ottenuta dalle industrie 4.0. Il percorso sulla realizzazione di una trasformazione tecnologica sulle imprese italiane si è diffusa in poco tempo. Industrial IoT e Industrial Analytics sono le tecnologie più utilizzate al momento così delineano il 40% delle applicazioni dichiarate. Con il pensiero rivolto alla crescita tecnologica 4.0 Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 esprime il suo parere positivo riguardante i risultati ottenuti recentemente sull’innovazione aziendale aggiungendo che l’industria 4.0 fa parte del piano strategico aziendale riguardante il percorso di digitalizzazione.

Tra i diversi sondaggi dell’osservatorio Industria 4.0 il Job&Skill ha sviluppato dei risultati curiosi dal punto di vista aziendale che dichiarano le competenze gestite dalle imprese: il 50% di esse a già terminato o osservato il lavoro delle competenze 4.0. Più di una su quattro (26%) ha intenzione di mettere in pratica questo tipo di lavoro in futuro. I principi appresi dalle imprese aziendali hanno permesso di avere una valutazione più completa sulle figure operatrici nelle aziende stesse partendo dagli operai ai manager fino all’imprenditore.

Facendo un’analisi più completa le 5 competenze principali necessarie per la trasformazione 4.0 sono raggruppate in applicazione lean manufacturing 4.0, gestione della supply chain digitale, cyber-security, manutenzione smart e relazione persona/macchina. Il resoconto aziendale sulla trasformazione 4.0 stabilisce risultati allettanti circa il 30% delle aziende dichiara di sentirsi preparata per affrontare l’Industria 4.0, il 24% cerca di evitare il divario con le altre aziende attraverso la formazione del personale, il restante 11% affronta la propria gestione attraverso l’assunzione di nuove competenze esterne all’azienda, la minoranza cerca di strutturare il più possibile le competenze 4.0. Per la gestione del personale il 60% delle imprese molte volte sfrutta il credito di imposta che va in contrasto con il restante 19% che non conosce questa pratica aziendale. Il personale dell’azienda risulta poco cionvolto nello sviluppo dell’industria 4.0. Solo il 12% dichiara di trascinare nel mondo professionale della trasformazione tecnologica il personale, il 30% dei casi il coinvolgimento di personale risulta limitato, mentre il 40% la funzione HR non esiste. Sergio Terzi, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 commenta il quadro generale della situazione evidenziando i piani e investimenti per portare le competenze 4.0 nel cuore della manifattura italiana, nella valutazione statistica aggiunge che il fenomeno del coinvolgimento del personale per le manifatture 4.0 sostenibile dal punto di vista economico dove essere un passaggio fondamentale per le imprese italiane.

Per costruire un’intesa con la nuova industrializzazione tecnologica le diverse imprese devono rivolgersi a un piano di sviluppo solido per il loro punto di partenza. L’osservatorio ha proposto un modello di crescita che si riassume nella Digital Readiness delle aziende (DREAMY, Digital REadiness Assessment MaturitY model) per valutare la maturità digitale dei processi nelle aziende. Questo modello si basa sul monitoraggio e controllo, organizzazione e utilizzo di tecnologie ICT dei processi di ingegneria di prodotto e di processo, gestione della produzione, qualità, manutenzione, logistica e supply chain.

Marco Macchi, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 ha spiegato come DREAMY, il modello proposto dall’Osservatorio, sia importante nell’impiego in più di 50 aziende italiane di diversi settori, il modello nato come gestore dell’innovazione oggi è utilizzato come supporto alle decisioni del management, questo tema porterà ad approfondire il livello di preparazione digitale.

Gli approcci delle PMI manifatturiere sono stati analizzati dall’Osservatorio Industria 4.0 su una base di 30 casi di diverso settore, il risultato dell’indagine cataloga i profili aziendali in diverse categorie. La prima determina le aziende “impossibili” termine il cui significato determina un bisogno di una trasformazione digitale e di una strategia. La seconda riguarda le imprese lente che andrebbero incoraggiate per intraprendere il percorso della tecnologia digitale con soluzioni tecnologiche facilmente integrabili con il lavoro stabilito. La terza categoria riguarda i profili “attivi” dove il progresso tecnologico è molto presente ma mancano le competenze interne (tecnologiche e organizzative). Nella quarta categoria ci sono gli “Imitatori” che riguardano un tipo di impresa che si confronta e sviluppa delle idee su una realtà aziendale basata sull’aspirazione di un’altra impresa con principi tecnologici verosimili tra loro.

Le PMI hanno una difficolta di gestione sulle nuove risorse tecnologiche: spesso mancano capacimanageriali e finanziarie dovute alle poche risorse finanziarie. Secondo Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 i pochi finanziamenti alle imprese diventano un ostacolo, in particolare per il 34% alle PMI e per il 17% alle grandi imprese. Questo fenomeno si dovrebbe contrastare con associazioni esterne come università, agenzie per il lavoro e associazioni territoriali che aiutano il completamento della digitalizzazione nelle imprese.

Le Aziende o le Startup finanziate tra il 2013 e il 2018, con aiuti economici di circa 2,5 miliardi di dollari, sono 215, almeno secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Industria 4.0. C’è dunque una conferma sull’aumento delle nuove imprese del 15%-20% dove tra queste il 24% propone situazioni di Industrial Analytics, il 20% di Industrial IoT e un altro 20% di Additive Manufacturing.

Confrontando l’Additive Manufacturing e l’Industrial IoT si riscontra un netto miglioramento del primo ambito sul secondo dove si è registrato un investimento maggiore di circa 800 milioni, un terzo del totale contro i 600 milioni totali, 20,7 milioni in media sviluppati dal secondo.

Le prime 10 startup hanno raccolto da sole 1,6 miliardi di dollari. Dalla analisi Il 49% delle startup censite sono degli Stati Uniti con l’80% dei finanziamenti totali, segue l’Europa con il 35% e una media di investimenti di 3,8 milioni di dollari. I finanziamenti medi in Italia  (500mila dollari) con 24 startup.